Sicurezza: chi minimizza il problema è parte del problema
- Massimo Di Matteo
- 20 apr
- Tempo di lettura: 4 min
Gli ultimi 10 anni verso il degrado. È sufficiente ricordarsi come eravamo prima.

Ha fatto molto parlare un servizio televisivo sulla sicurezza a Trento. Il sindaco Ianeselli ha anche invitato tutti noi, attraverso un post sui social, a non “esagerare” per non danneggiare né l’immagine di Trento, né l’economia, qualora la gente forestiera dovesse davvero pensare che Trento sia diventata il selvaggio Far West.
Ovvio, nessuno vuole danneggiare ciò che di bello a Trento abbiamo. Ma è proprio su questa spinta che abbiamo le idee ben chiare su cosa non vogliamo più vedere intorno a noi. E bisogna essere responsabili pensando che lo sporco non si può nascondere sotto un tappeto, perché tanto si accumulerà fino a diventare pestifero.
Sarebbe un atto di intelligenza considerare la sicurezza a Trento una priorità e non più una “percezione” psicologica di massa, come spesso leggiamo per minimizzare il problema.
Se nelle nostre strade, nelle nostre piazze, nei parchi e i giardini e perfino nelle nostre case si verificano eventi criminali (furti, scippi, violenza, aggressioni, spaccio…), e se la nostra tolleranza si è ridotta a zero, allora mandiamo un messaggio chiaro al sindaco Ianeselli: non si tratta di una allucinazione collettiva dei cittadini di Trento. Si viveva meglio dieci anni fa. E in questi ultimi dieci anni Trento è peggiorata, si comincia ad avere paura a frequentare certe zone, molestati o aggrediti o derubati, da questa criminalità di strada.
Non è una priorità per le autorità perché la “vera criminalità”, quella in grande stile, da noi è meno rilevata e quando si parla di questi “piccoli reati”, la loro classificazione è di non gravità.
Vi invito a farvi un giro in Germania, in Francia, nel Regno Unito, magari negli Stati Uniti o perfino a Singapore. Provate a compiere uno dei “piccoli reati” di cui sopra. Vi spetta la galera o piani di rieducazione immediati. Quindi da noi in Italia siamo abituati a vedere questi criminali segnalati, portati in caserma al mattino e pronti ad uscire al pomeriggio. È la legge.
Quindi che potere ha un sindaco?
Intanto il sindaco ha il dovere di occuparsi dei proprio cittadini e, quando necessario, di alzare la voce presso tutte le autorità, bussando energicamente alle porte competenti, arrivando fino al governo centrale, chiedendo supporto a tutti i deputati e senatori eletti in Trentino pur di smuovere la situazione.
Il sindaco che vogliamo deve cavalcare questa battaglia anche se non di propria stretta competenza. Perché egli rappresenta i bisogni dei cittadini di questa città. A lui è data una delega per tutelare e difendere gli interessi di questa città.
Anche se i dati ufficiali sembrano dire il contrario, l'esperienza diretta di chi vive la città ogni giorno racconta tutt'altra storia di quelle cosiddette “percezioni di insicurezza” che continuano a spiattellarci in faccia ogni volta che accenniamo al problema. Ormai ci sono zone, come piazza Dante, via Roma, la Portela, piazza Da Vinci, piazza Santa Maria Maggiore… che sono diventate luoghi in cui si vive il disagio e spesso il pericolo sulla propria pelle, non nella propria testa!
Non serve assistere a una rissa o essere aggrediti per sentirsi insicuri. A volte basta attraversare queste strade per sentirsi esposti e vulnerabili. E quando succede “il fattaccio” ci sentiamo espropriati della nostra quotidianità e della nostra città così come l’abbiamo vissuta negli anni passati.
In alcune aree lo spaccio e il consumo di droga avvengono in pieno giorno. Le attività commerciali storiche chiudono, mentre proliferano esercizi che spesso sfuggono ai controlli, creando una situazione di degrado percepito e vissuto. E chi vive in questi quartieri spesso si sente abbandonato. Invisibile.
Il disagio è aumentato anche per effetto di politiche provinciali che, chiudendo molti luoghi di accoglienza, hanno lasciato nel vuoto persone fragili, facilmente risucchiate da circuiti illegali. Questo non è solo un problema di ordine pubblico. È un problema sociale, culturale e politico.
Serve un piano concreto non fatto di parole ma di interventi. Un vero patto con la Provincia e le forze dell’ordine per presidiare in modo continuativo le zone più colpite. E occorre essere severi con chi non rispetta le regole. Punto.
Vi invito anche in questo caso a visitare Parigi o Londra, per rimanere in Europa. E vi capiterà di assistere come esperienza “naturale” quotidiana l’arresto di questo o di quello. Perché le forze dell’ordine sono in giro, sono nei parchi, nelle strade, anche in borghese: in grado di rendersi conto di cosa accade in un quartiere, così come noi che ci viviamo tutti i giorni siamo in grado di renderci conto, perché le cose le vediamo con i nostri occhi. E se le vediamo noi, anche l’autorità le può vedere.
Servono controlli equi e rigorosi su tutte le attività commerciali, senza zone grigie. Serve rilanciare questi quartieri con iniziative culturali, negozi di prossimità, spazi vivi. E soprattutto, serve ascoltare chi ci vive, chi lavora, chi ha resistito anche nei momenti peggiori.
Con Generazione Trento vogliamo che la sicurezza torni ad essere una priorità con i fatti, e non come ormai possiamo testimoniare su quanto accaduto fino ad oggi a causa di questa amministrazione che ha considerato “piccoli criminali” chi ci sta condizionando la qualità della vita.
Vogliamo sentirci a nostro agio nella nostra città. Vogliamo sentirci protetti.
Rivogliamo indietro la nostra città e il nostro diritto di viverci bene.
Che sia un problema regionale, nazionale, internazionale… non ci riguarda. Vogliamo che il sindaco di questa città faccia questa battaglia per tutti noi e non certo inviando raccomandate a Roma o sminuendo il problema.
di Martina Margoni
Candidata di lista

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